(Adnkronos) – Un caso di influenza aviaria è stato riscontrato in un gatto a Valsamoggia in provincia di Bologna. L'animale, informa la Regione Emilia Romagna in una nota, viveva a stretto contatto con il pollame di un piccolo allevamento familiare in cui era già stata individuata l'infezione aviaria che aveva comportato, come previsto dalla normativa, la soppressione di tutto il pollame presente. La positività nel gatto è stata diagnosticata dalla sede di Forlì dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna, e confermata dal Centro di referenza nazionale per l'influenza aviaria. "Nessuna novità e nessun allarme", ha precisato Pierluigi Viale, professore di Malattie infettive del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell'Università degli Studi di Bologna e direttore dell'Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Sant'Orsola. Vista l'eccezionalità dei casi, si legge nella nota, la normativa comunitaria non prevede misure di controllo specifiche per i gatti positivi all'influenza aviaria, ma per la tutela degli animali stessi è raccomandato che siano tenuti isolati sotto il controllo del servizio veterinario della Ausl che effettua la sorveglianza per valutare l'andamento clinico della malattia e seguire il decorso dell'infezione. Per circoscrivere il virus e impedirne la diffusione, sono in corso da parte del servizio veterinario della Azienda Usl di Bologna esami preliminari su prelievi di sangue e tamponi su un altro gatto che conviveva con quello risultato positivo. "La circolazione dell'influenza aviaria è nota – illustra Viale -. I gatti sono già descritti dalla letteratura scientifica come animali abbastanza proni a contrarre la 'bird flu' e sono diversi i casi registrati di gatti deceduti per l'influenza aviaria negli Usa, in Canada e in Europa. Ma si tratta di gatti soprattutto randagi, da strada, che vivono in contesti rurali e che possono entrare in contatto con materiale organico infetto. Una situazione che non riguarda quindi i nostri gatti domestici che vivono in città o in appartamento". Esistono, conferma Giovanni Tosi, direttore della sede dello Zooprofilattico di Forlì, virus influenzali aviari che possono adattarsi anche ai mammiferi (uomo compreso), ma il rischio di contrarre l'infezione è molto basso – puntualizza l'esperto – ed è legato a uno stretto e prolungato contatto con volatili infetti. Una situazione che non riguarda quindi gli animali domestici che vivono in città o in appartamento. Anche per quanto riguarda la sicurezza alimentare, continua la Regione nella nota, "non vi è alcun rischio collegato al consumo di carni avicole e non vi è rischio di infezione per l'uomo, se non in condizioni di stretto contatto con gli animali infetti". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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