(Adnkronos) – L'impatto dell'IA sulla società, sull'ambiente e sul mondo del business. Questo l'argomento affrontato dal filosofo Luciano Floridi in un videomessaggio all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'. "Si usa la parola inglese disruptive – spiega – per dare il senso di questa trasformazione radicale, poi però in genere ci si ferma lì. Si dice 'una tecnologia disruptive sta cambiando tutto', ma in che senso per quanto riguarda il mondo del business? Ovviamente i sensi sono molti, ma io metterei l'accento sull'impatto. Tutte le società, tutte le aziende, tutti i modi della produzione a un certo punto arrivano a una certa organizzazione, un modo di strutturare la produzione, le comunicazioni, gli scambi, il commercio. In questo caso l'intelligenza artificiale sta incidendo profondamente su questi equilibri: nascono nuove attività, si ha sempre il timore che dietro l'angolo ci sia una startup che ci metterà fuori dal mercato. I mercati stessi si stanno trasformando". "Che cosa significa oggi – spiega Floridi – essere in una determinata industria piuttosto che in un'altra? Si sta anche questo trasformando in una ibridizzazione, per cui aziende che fino all'altro ieri producevano software diventano anche delle banche, le banche diventano produttrici di app e così via. Allora disruptive degli equilibri che la nostra società ha un po' acquisito dal mondo dell'industria e post bellico. Poi disruptive nel senso delle aspettative: vista questa trasformazione così radicale, sempre più ci aspettiamo l'impossibile. E allora che cosa si aspetta la clientela? Che cosa si aspetta il fornitore? Che cosa si aspetta la società? O magari che cosa ci si aspetta dai law makers, i policy makers, i decision makers. Bisogna guardare l'intelligenza artificiale come una forza dirompente che sta cambiando gli equilibri e le aspettative di una società che abbiamo ereditato dal tardo novecento". Il filosofo Florridi pone poi l'accento sulle opportunità e sui rischi. "La vera opportunità – spiega – non è tanto conoscere che cosa il mondo dell'intelligenza artificiale produce, quali servizi, quali prodotti, quali straordinarie soluzioni possono essere messe in campo, ma soprattutto capire da un punto di vista di opportunità come integrare tutto questo all'interno di un'azienda, di un mondo produttivo che potrebbe essere una piccola startup o una grande multinazionale. Capire bene che la medaglia ha due facce e che la faccia importante dall'altra parte dell'innovazione è quella dell'integrazione, oggi significa essere in grado di cogliere le opportunità fino in fondo. Questo significa conoscere i propri problemi, sapere esattamente dove andare a toccare il sistema affinché qualunque soluzione fornita dall'intelligenza artificiale, da machine learning, da un bot o da un sistema robotico può realmente migliorare il nostro sistema produttivo, magari innalzare la produttività, abbassare i costi o ampliare il nostro mercato". "Tuttavia – avverte – c'è il rischio di perdere di vista chi c'è dietro. In questo caso il cliente, il fornitore, l'altra azienda, le persone. Perdere di vista anche l'ambiente. E' molto facile accumulare moltissimi dati, lavorare sui dati e finire per lavorare soltanto sui dati. Lo abbiamo visto addirittura durante il Covid, quando a un certo punto invece di parlare dei pazienti abbiamo cominciato a parlare dei profili digitali dei pazienti. Non è un rischio voluto, è un rischio che purtroppo è presente come un cosiddetto side effect, cioè come un effetto secondario di qualcosa di buono. Avere molti dati significa avere più informazione, lavorare i dati con intelligenza, attraverso l'intelligenza artificiale, automatizzando lì dove possibile, significa essere più efficaci e più efficienti, ma significa anche a volte rischiare di non avere più presente chi c'è dietro a questi dati. E' un po' quello che con una frase ad effetto si potrebbe chiamare l'eclisse dell'analogico. Non vediamo più quello che c'è dietro, ma ci fermiamo soltanto alla facciata digitale". "Attenzione – sottolinea – all'eccessivo entusiasmo circolante in questo periodo nei confronti dell'intelligenza artificiale. Mettere a terra l'intelligenza artificiale vuol dire anzitutto avere i propri dati, non tanto quindi prendere un pacchetto di servizi, ma capire come questo pacchetto di servizi può essere adattato alle mie esigenze, quindi conoscenza ottima, perfetta, profonda dei propri problemi, integrazione e soprattutto quali ottimi dati ho a disposizione per far sì che i modelli di intelligenza artificiale che andrò a utilizzare sono addestrati sui miei dati e quindi possono rispondere alle mie esigenze, non a qualcosa di generico". "Attenzione – rimarca Luciano Floridi – perché il vostro bot ordinario gratuito online è una demo, non è il prodotto, non è il servizio, è per far vedere che cosa può fare se, ma non come mettere a terra. Attenzione a non farsi prendere un po' troppo la mano, soprattutto se sia una piccola media impresa, dalla voglia di partecipare. Controllare esattamente quali sono i dati a propria disposizione, quali sono i servizi che possono essere disrupted, dove si può intervenire a intelligenza zero. In modo che il controllo umano e la visione di dove si vuole arrivare sia di tipo manageriale, ma quell'elemento non abbia più bisogno di intelligenza umana per mettere in comunicazione A con B. In altro termine, evitare tutti quei contesti in cui noi, come esseri umani, stiamo lavorando semplicemente come interfacce". —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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