Le fasi procedurali a tutela del minore

Questa nuova normativa, che prevede la minore età come circostanza aggravante specifica della violenza sessuale, mira a fornire una maggiore protezione ai minori contro gli abusi sessuali. Ci sono due principali tipi di comportamenti che vengono disciplinati in questa riforma: Violenza sessuale propria (art. 609 bis): in questi casi, la minore età della vittima costituisce una circostanza aggravante dell’aggressione sessuale. Questo significa che se il reato di violenza sessuale è commesso contro un minorenne, la punizione per l’aggressore sarà più severa rispetto a quando il reato viene commesso contro un adulto. Violenza sessuale presunta o impropria: questo riguarda gli atti sessuali consensuali compiuti con un minorenne. Anche se l’atto sessuale può essere stato compiuto senza l’uso di violenza o minaccia, è considerato un reato perché il minorenne non ha la capacità legale di dare il consenso. Questo tipo di violenza sessuale viene definita “presunta” o “impropria” perché non è necessario dimostrare l’uso di violenza o minaccia per considerare il reato commesso contro un minorenne come violenza sessuale. In entrambi i casi, la legge cerca di garantire una maggiore tutela ai minori e punire severamente coloro che commettono reati sessuali contro di loro, anche se gli atti possono essere stati compiuti con il presunto consenso del minore. La legge stabilisce che, di norma, un minorenne di età inferiore ai quattordici anni non può dare un consenso valido per atti sessuali (come definito nell’art. 609 quater n.1 del codice penale). Pertanto, qualsiasi atto sessuale compiuto senza l’uso di violenza o minaccia nei confronti di un soggetto che non ha ancora compiuto quattordici anni è equiparato legalmente alla violenza sessuale stessa (come stabilito nell’art. 609 bis del Codice penale). Inoltre, questo limite di età viene elevato a sedici anni se il colpevole ha una particolare qualifica che comporta un contatto più diretto e frequente con il minore, come ad esempio il genitore, oppure se ha un’autorità su di lui, o ancora se possiede un particolare carisma nei suoi confronti (come specificato nell’art. 609 quater n. 2 del Codice penale). In entrambi i casi, l’obiettivo della legge è proteggere i minori da abusi sessuali e garantire che chiunque compia atti sessuali con minori senza il loro consenso valido, sia punito come se avesse commesso un atto di violenza sessuale. il motivo per cui il legislatore ha fissato il limite minimo di quattordici anni per la capacità di consenso sessuale risiede nella presunzione che prima di tale età il minore non abbia ancora la maturità fisica, emotiva e psicologica necessaria per comprendere appieno le implicazioni degli atti sessuali e per dare un consenso valido e informato. Prima dei quattordici anni, il minore è considerato incapace di valutare pienamente le conseguenze degli atti sessuali e di esprimere un consenso consapevole. Ciò è dovuto alla sua limitata esperienza di vita, alla mancanza di piena comprensione delle questioni sessuali e alla sua vulnerabilità emotiva e psicologica. Di conseguenza, l’ordinamento giuridico riconosce che il minore sotto i quattordici anni è considerato inviolabile dal punto di vista sessuale e non può legalmente dare il proprio consenso a relazioni sessuali. La protezione dell’inviolabilità sessuale del minore è un principio fondamentale per garantire il suo benessere e la sua sicurezza. Pertanto, la legge mira a prevenire abusi sessuali nei confronti dei minori e a garantire che chiunque commetta atti sessuali con minori prima dei quattordici anni sia punito conformemente alla legge, indipendentemente dall’uso o meno di violenza o minaccia. il bene giuridico tutelato in queste circostanze è l’intangibilità sessuale relativa del minore. La legge presume che i minori, specialmente coloro che hanno meno di sedici anni, non siano in grado di esprimere un consenso libero e informato a rapporti sessuali. Questo perché il legislatore riconosce che i minori possono essere facilmente influenzati o manipolati dagli adulti, specialmente da coloro che occupano una posizione di autorità o di fiducia nei loro confronti. Il fondamento di questa presunzione di invalidità del consenso risiede nella convinzione che gli adulti possano avere un notevole ascendente sui minori, sia in termini di autorità (come genitori, tutori o figure di fiducia) che di maturità emotiva e intellettuale. Questo ascendente può creare una situazione in cui il minore non è in grado di comprendere appieno le implicazioni dei rapporti sessuali o di esprimere un consenso libero e consapevole. Di conseguenza, il legislatore interviene per proteggere i minori da abusi sessuali e da situazioni in cui la loro fiducia e vulnerabilità possono essere sfruttate per fini sessuali. Questa presunzione di invalidità del consenso mira a garantire che i minori siano trattati con il massimo rispetto e che i loro diritti e la loro integrità sessuale siano preservati.

​Guttae Legis

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