(Adnkronos) – Con una storia che dura da millenni, la gotta è certamente tra le più antiche malattie dell’uomo. Identificata per la prima volta dagli Egiziani nel 2640 a.C., la ‘podagra’, cioè la gotta acuta con dolore classicamente localizzato all’alluce, fu successivamente riconosciuta da Ippocrate che, nel V secolo a.C., la definì ‘malattia in cui non è possibile camminare’. “Una descrizione illuminante di un attacco acuto di gotta fu data dal medico inglese Thomas Sydenham, reso disabile proprio dalla gotta, che nel suo ‘Tractatus de Podagra et Hydrope’, pubblicato nel 1683, scrisse testualmente: ‘Il paziente va a letto e dorme tranquillamente fino alle due del mattino circa, quando viene svegliato da un dolore che di solito colpisce l’alluce… e subito compaiono brividi e una leggera febbre… Il dolore…, che all’inizio è lieve…, diventa gradualmente più violento di ora in ora… così squisitamente doloroso come di non sopportare il peso delle lenzuola…’. Alla gotta, ovvero l’artrite dei ricchi, storia ed analisi delle malattie da iperuricemia è dedicata la puntata di questa settimana di ‘τροφήν, la prima Medicina’ la rubrica condotta dall’immunologo
Mauro Minelli della Fondazione per la Medicina Personalizzata. Il nome della malattia deriva dalla parola latina gutta (goccia) e si riferisce alla credenza medievale secondo cui l’eccedenza di uno dei quattro ‘umori’ dai quali si riteneva dipendesse la salute dell’uomo, ‘sgocciolasse’ in un’articolazione provocando infiammazione e dolore. “In realtà, a determinare l’insorgenza della gotta è il deposito nelle articolazioni di cristalli di acido urico che, a loro volta, si formano a causa di elevati livelli di acido urico nel sangue. Nell’iperuricemia – spiega l’immunologo – di lunga durata i depositi di urato monosodico cristallizzato possono formare i tofi, cioè masse nodulari di varie dimensioni contenenti cristalli di urato monosodico che si depositano nei tessuti molli delle dita, delle orecchie e di diverse altre sedi. Normalmente, l’acido urico viene eliminato attraverso i reni; un suo eccessivo accumulo (iperuricemia) può derivare dal fatto che il corpo ne produce troppo o che i reni non riescono a smaltirlo in quantità sufficiente con le urine. Ed è oramai ampiamente risaputo – precisa – che l’acido urico, oltre che nel tradizionale attacco artritico acuto, interviene in diversi altri settori della patologia umana che possono andare da un danno articolare cronico non così violento ed intenso come quello acuto della gotta, a molteplici problematiche che possono essere renali, metaboliche, cardiovascolari, cerebrali”. “Fin dalle sue prime descrizioni la gotta è stata associata ad uno stato di benessere socio-economico, a sua volta in grado di consentire quegli eccessi alimentari ai quali veniva attribuito un ruolo preminente nella comparsa delle crisi acute. A lungo, quindi, la gotta è stata considerata malattia di pochi eletti, dediti a banchetti sontuosi e libagioni abbondanti, tanto da essere definita la ‘malattia dei re’ – ricorda – Ed è talmente paradossale la storia di questa patologia che, proprio in ragione della sua associazione ad uno stile di vita che potevano permettersi solo i ricchi e le persone nobili e potenti, si giunse a percepirla come socialmente desiderabile, quasi fosse una sorta di status symbol riservato ad un jet set d’altri tempi. D’altro canto, fu Ippocrate che, in una delle sue straordinarie percezioni cliniche, per primo notò il legame tra queste malattie e uno stile di vita altisonante e dissoluto, riferendosi alla podagra come a un’artrite dei ricchi, in contrapposizione ai reumatismi da considerarsi, invece, artrite dei poveri”. “E, in effetti, chi soffre di gotta deve preoccuparsi di ridurre l’introito di purine proprio attraverso un’accorta alimentazione finalizzata ad evitare l’ulteriore aumento dei livelli di acido urico nel sangue e il suo conseguente deposito nelle articolazioni. Saranno, pertanto, da limitare alimenti ad alta e media concentrazione di purine come pesce azzurro (sarde, acciughe, aringhe), crostacei, frattaglie (fegato, cervello), carni e pollame, salumi, asparagi, spinaci, cavolfiori, legumi, frutta secca, funghi. Pure da escludere saranno gli alcolici. Possono invece essere consumati dai pazienti affetti da gotta, il latte e i suoi derivati (meglio se formaggi magri), anche le uova, verdure ed ortaggi selezionati, pasta e altri cereali. Ancora una volta, dunque, la dieta intesa come introito di alimenti corretti e bilanciati nel rispetto del fabbisogno calorico di ciascuno, associata ad uno stile di vita controllato e senza eccessi, rimane elemento cardine della nostra salute, tra i principali fattori di prevenzione di un’eterogenea ed ampia varietà di malattie acute e croniche”, conclude Minelli.
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