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Con il finanziamento europeo vinto dal professore del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra Pietro Sternai, il progetto di ricerca MATRICs ricostruirà gli effetti delle emissioni vulcaniche di CO2 sul clima nel passato geologico della Terra per migliorare la comprensione delle conseguenze delle emissioni antropiche sul clima presente e futuro
Milano, 3 dicembre 2024 – Studiare come le emissioni di CO2 dai vulcani abbiano influenzato il clima nel passato geologico per migliorare le previsioni dei cambiamenti climatici futuri dovuti alle emissioni antropiche di anidride carbonica. È l’obiettivo del progetto di ricerca “MATRICs” (“Magmatic Triggering of Cenozoic Climate Changes”, tradotto: “Innesco magmatico dei cambiamenti climatici del Cenozoico), coordinato da Pietro Sternai, professore di Geofisica al dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, che è stato appena premiato dall’Unione Europea con un ERC da 2 milioni di euro, della durata di 5 anni, nella categoria Consolidator Grant. Gli ERC Consolidator Grant vengono assegnati dall’European Research Council a quei ricercatori che vantano una decina di anni di esperienza di riconosciuto valore alle spalle e che siano promotori di un progetto di ricerca ritenuto eccellente e particolarmente innovativo. Pietro Sternai coinvolgerà un’equipe di 3 dottorandi e 4 assegnisti di ricerca.
Il progetto “MATRICs” prende spunto da una constatazione. «Conosciamo l’evoluzione del clima durante l’Era Cenozoica, da 60 milioni circa di anni fa fino a oggi, ma non sappiamo con certezza quali siano stati i motori dei suoi cambiamenti», afferma Pietro Sternai. Il primo obiettivo è fare luce sui possibili effetti di uno di questi: lo spegnimento di un arco vulcanico che si estendeva a sud del continente asiatico ma che scomparve dopo la collisione con il continente indiano per effetto della tettonica delle placche. «La collisione tra India e Asia, tutt’ora in corso e iniziata tra 60 e 50 milioni di anni fa – prosegue il professore di Milano-Bicocca – oltre a portare alla formazione dell’Himalaya e del Tibet con grandi effetti a lungo termine sul clima globale provocò anche lo spegnimento di un arco magmatico che si estendeva per oltre 5mila chilometri, paragonabile a quello che c’è oggi nelle Ande. La domanda del progetto è: cosa succede al clima se cessano le emissioni di CO2 di un arco vulcanico di quel tipo? Il clima si raffredda? Si riscalda? Vogliamo capire come questo processo di variazione del magmatismo possa avere influenzato l’evoluzione del clima su scala globale, durante il Cenozoico inferiore». L'attività di ricerca prevede analisi petrografiche e geochimiche di campioni di roccia provenienti da tre zone situate lungo il margine collisionale e oggi oggetto di studio geologico: in Iran, nel Ladakh (India nord-occidentale) e in Tibet. «Andremo a campionare le rocce magmatiche – spiega Sternai – e misureremo il loro contenuto di CO2. Campioneremo anche rocce sedimentarie per rilevarne i valori di mercurio e tellurio, che possono dare informazioni indirette sull’attività magmatica in quelle tre zone. I valori misurati verranno interpretati con modelli numerici, integrandoli alla scala di tutto l’arco magmatico, per stimare l’effetto che potrebbe avere avuto sul clima e sul ciclo del carbonio la variazione di emissioni di CO2 dovuta alla cessazione dell’attività vulcanica». Obiettivo finale: una volta validato il modello, comprendere cosa il passato possa rivelarci sul futuro. «Definita una correlazione tra le emissioni di CO2 vulcanica e le variazioni climatiche sul lungo periodo, l’ipotesi è quella di confrontare i valori ottenuti con le emissioni di anidride carboniche antropiche e i cambiamenti climatici attuali e in divenire. La conoscenza che produrremo sul ciclo geologico del carbonio ci consentirà di valutare meglio i fattori trainanti della variabilità climatica naturale e, per confronto, le conseguenze climatiche delle attuali emissioni antropiche.», conclude il geologo. Dal 2014 l’Università di Milano-Bicocca ha ricevuto finanziamenti per 19 progetti ERC: 8 Consolidator Grant, compreso quello di “MATRICs”, 2 Advanced Grant, 5 Starting Grant, 2 Proof of Concept e 2 Synergy Grant. «Lo studio e la comprensione dei meccanismi alla base dei cambiamenti climatici – afferma Guido Cavaletti, prorettore alla Ricerca dell’Università di Milano-Bicocca – rivestono una rilevanza che appare sempre più significativa e spingono ad applicare metodologie sempre più sofisticate. L’approccio proposto da questo progetto è sicuramente molto innovativo, pienamente in linea con lo spirito di una università come Milano-Bicocca».
A questo link sono disponibili foto
di Pietro Sternai e della ricerca.
Pietro Sternai
Pietro Sternai (Milano, 1984) è un geologo, professore associato di Geofisica al dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca. Formatosi all’Università degli Studi di Milano, ha conseguito il dottorato al Politecnico Federale (ETH) di Zurigo. Rientrato in Italia grazie al Programma per Giovani Ricercatori “Rita Levi Montalcini” (rientro dei cervelli), dal 2019 conduce la sua ricerca presso l’ateneo milanese, Nei suoi progetti, utilizza la modellazione numerica e le analisi quantitative per interpretare i dati geologici che riconducono alle interazioni tra clima e Tettonica delle placche. È alla guida del gruppo di ricerca internazionale CoSy (Coupled Earth Systems). Ha vinto per tre anni consecutivi (2019-2021) il Premio Giovani Talenti, istituito dall’Università di Milano-Bicocca, con il patrocinio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, per premiare la qualità, originalità e impatto della produzione scientifica di ricercatori e assegnisti di ricerca under 36 dell’ateneo. Ha vinto il premio Flinn-Hart della International Lithosphere Program nel 2022, è membro della Young Academy of Europe e titolare di una Alexander von Humboldt Experienced Research Fellowship. Per maggiori informazioni: ufficio.stampa@unimib.it
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