(Adnkronos) – "Occorrerebbe forse seguire le altalenanti vicissitudini del 'centro' e dei suoi inquieti inquilini con più rispetto e insieme però con più rigorosa severità. Infatti il centro è il luogo in cui la politica italiana ha prodotto -in passato- grandi risultati. E tuttavia è anche il luogo in cui, più di recente, ha dato l’idea di essersi perso una volta per tutte. Andrebbe detto allora che i meriti del passato non offrono una rendita sicura al giorno d’oggi. Ma anche che gli errori, le ambiguità, i litigi, le false partenze di cui è costellata la cronaca più attuale non bastano a far calare il sipario sui suoi destini assecondando la retorica del perfetto bipolarismo a cui ora sembrano uniformarsi, concordi tra loro, gli uni e gli altri. Insomma i tentativi di ridare voce a quanti faticano a schierarsi inesorabilmente di qua o di là, alla ricerca di una ragionevole via di mezzo, meriterebbero almeno quel tanto di rispetto che è dovuto a quanti hanno passione e idee. Rispetto che la critica politica ha generosamente riservato via via a quanti venivano da destra, da sinistra o anche dalla luna. Salvo poi dedicare invece a quanti venivano dal centro, e da quelle parti pretendevano di piantare le loro tende, ogni forma di irrisione o di sufficienza. In una parola, anche il centro ha il suo pieno diritto di cittadinanza e non merita certo di essere trattato come una stranezza o come un’anomalia da correggere. Tanto più che la sua lunga storia, dal conte di Cavour al notabilato risorgimentale e poi giolittiano fino alla lunga esperienza democristiana, ci ricorda come tanta parte della nostra politica -aggiungo: spesso la parte migliore- aveva piantato proprio da quelle parti le tende del suo accampamento. E però proprio quella corposa eredità politica, in gran parte poi dissipata, a cui i centristi di oggi e di domani possono ancora fare appello non è affatto così comoda e vantaggiosa come a volte la si racconta. Al contrario, essa pretende che certi debiti vengano riconosciuti e perfino onorati. E invece fin troppe volte in questi ultimi tempi abbiamo assistito a esperimenti centristi che, volendo godere dei favori della moda, si sono lanciati all’inseguimento della modernità altrui. Partiti personali, parole in libertà, litigi a profusione, impazienze d’ogni tipo, esagerazioni senza misura, proclami fin troppo stentorei. Insomma, un modo di intendere la politica che magari può suggestionare quanti hanno trascorso almeno una parte della loro vita bordeggiando le estreme ma che per l’appunto non dovrebbe attrarre quanti si collocano invece preferibilmente nel bel mezzo della contesa. Verrebbe insomma da dire che il centro per meritarsi una maggiore attenzione dovrebbe prima di tutto essere se stesso e non illudersi di guadagnare troppo lustro nell’imitare gli altri. I quali infatti praticano la radicalizzazione dei conflitti come una corroborante dieta quotidiana. Mentre gli altri, i centristi per l’appunto, dovrebbero almeno evitare di trovarsi in conflitto con se stessi. E infine, c’è un punto, ed è il punto cruciale, su cui gli interpreti politici del centrismo dovrebbero ora rendersi più visibili e magari mostrare un po’ di coraggio in più. Ed è la politica internazionale. E’ lì infatti che si stanno giocando i destini del paese. Ed è lì, proprio lì, che i centristi potrebbero cercare di fare la differenza. Il vero lato debole delle due coalizioni maggiori resta infatti la divisione che li attraversa su questi temi. Mentre è proprio su questi cruciali versanti -l’atlantismo, l’europeismo- che i centristi possono invece vantare le maggiori credenziali. Le loro e quelle dei loro antenati. Non si comprende perché su questi argomenti le figure che si sono stagliate più in evidenza anche in questi ultimi giorni siano apparse così discrete, perfino silenziose. Eppure è lì che si parrà la loro nobilitate". (di Marco Follini) —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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