L’ispirazione fondamentale del nostro ordinamento costituzionale si fonda su due principi, quello personalistico e quello democratico. I diritti inviolabili della persona sono chiaramente e solennemente affermati e tutelati dalla nostra Costituzione. L’art. 2 si pone al centro dell’intero ordinamento e assume come punto di riferimento la persona umana nella sua complessità e unitarietà di valori e di bisogni. L’art. 3 non solo consacra la pari dignità sociale del singolo, ma impegna la Repubblica a garantire il libero e pieno sviluppo della persona umana, in una sfera di riconosciuta autonomia e libertà. Venendo al tema centrale della ricerca, va sottolineato che la Corte Costituzionale ha affermato la riconducibilità ai diritti inviolabili dell’uomo del diritto all’onore, che traduce in termini giuridici il valore essenziale dell’insopprimibile dignità di ciascun consociato. Esso si presenta come il primo in ordine d’importanza fra quei diritti della personalità, i quali hanno per oggetto un modo di essere esclusivamente morale della persona (tra gli altri diritti di questo tipo, sono indicati quelli della riservatezza, intimità, reputazione). Ne discende che il singolo per realizzare se stesso, nella sua dimensione individuale e sociale, deve innanzitutto ricevere il minimo essenziale di rispetto della sua dignità. L’onore è al tempo stesso espressione della dignità dell’individuo e contenuto di uno dei diritti inviolabili che l’ordinamento giuridico della Repubblica è impegnato a garantire. Il primato della persona nel nostro sistema costituzionale comporta la centralità dell’art. 2. Il singolo può pretendere di veder tutelato il proprio essere si all’interno della dimensione privata, sia nella sua proiezione nella dinamica sociale. Inoltre, gli è stato riconosciuto il diritto di essere se stesso, di essere cioè rappresentato con le idee e le azioni che lo hanno caratterizzato nella vita di relazione (diritto all’identità personale).Elevati a interessi costituzionalmente rilevanti lo sviluppo della persona umana e la sua capacità di autodeterminazione, vanno inclusi tra gli ostacoli alla realizzazione di questi interessi le azioni che si traducano in ingerenze indiscriminate nella sfera privata, al cui interno l’autonomia e la personalità dell’individuo si esprimono, nonché le azioni che si traducano in alterazioni delle idee e dei comportamenti, attraverso cui autonomia e personalità si siano realizzati e si siano caratterizzati. Questi diritti della persona sono in potenziale ontologica confligenza con altri diritti costituzionalmente garantiti. Il conflitto vede, da un lato, il diritto all’onore, alla riservatezza, all’identità personale; dall’altro lato, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, visto quest’ultimo nella dimensione di diritto di informazione. La libertà sancita dall’art. 21 è tra quelle proclamate e protette come fondamentali dalla Carta Costituzionale. Va precisato che il cittadino ipotizzato dalla nostra costituzione è titolare del diritto di esprimere il proprio pensiero. Egli è libero di soddisfare il proprio impulso individuale a comunicare agli altri consociati le proprie conoscenze e opinioni, nonché di accedere alle conoscenze e opinioni altrui. Può accadere che il cittadino nell’immettersi nel circuito informativo, entri in collisione con i diritti fondamentali di altri cittadini. A questo punto sorge il problema del bilanciamento, della prevalenza e del sacrificio delle posizioni entrate in conflitto. Un sacrificio dei diritti individuali della persona è comunque condizionato a un effettivo vantaggio della collettività, che si realizza solo nell’ambito di un esercizio del diritto di informazione rigidamente disciplinato. La divulgazione di fatti lesivi dei diritti della persona è giustificato dall’interesse a che questi fatti siano conosciuti, in quanto ciò è essenziale alla formazione della pubblica opinione: “in modo che ognuno esattamente informato possa fare le proprie scelte nel campo religioso, politico, della scienza, della cultura”. Le Sezioni Unite hanno impostato il raccordo libertà di manifestazione del pensiero – diritto di informazione. I giudici dimostrano di essere ben consapevoli della natura non neutrale dell’informazione, nel momento in cui le riconoscono una funzione politica. Le riconoscono cioè la capacità di condizionare la gestione della polis sotto un duplice profilo: 1) orienta la pubblica opinione e suggerisce utili regole di esperienza; 2) richiama l’attenzione dei pubblici poteri su problemi interessanti la collettività. E’ ai mezzi di comunicazione che spetta il diritto di fornire notizie e commenti in maniera adeguata e sufficiente per orientare la pubblica opinione, per consentire al cittadino di far scelte consapevoli dei propri rappresentanti, cui delegare la gestione della cosa pubblica. E’ ai mezzi di comunicazione che i giudici riconoscono il compito di emettere messaggi nei confronti di chi sia investito di pubblici poteri, per richiamare la loro attenzione su problemi, per supplire alla disinformazione, per denunciare inadempienze. L’informazione è strumento di diffusione del pensiero e, in una società democraticamente organizzata, è messaggio politico: i giudici si sono raffigurati un’interpretazione della realtà in chiave politica e in funzione didascalica. Il ruolo fondamentale nel campo della libertà di manifestazione del pensiero è disegnato con forza e con precisione: all’informazione è riconosciuta la funzione maieutica di pensieri, opinioni, censure e di coerenti scelte etiche e politiche. In tale decisione è possibile individuare l’indissolubile intreccio tra diritto di informare, diritto di informarsi, diritto di ricevere informazioni, necessarie per esprimere consapevoli opinioni e adattare avvertite scelte. E’ sulla base del riconoscimento di tale intreccio che è stato concepito il diritto di cronaca/critica, come causa di giustificazione per chi abbia diffuso notizie/opinioni lesive dei diritti della persona. E’ da rilevare poi che questa decisione fornisce preziosi spunti ermeneutici per delineare i principali limiti che l’esercizio della libertà di pensiero deve accettare una volta che entri in conflitto con diritti fondamentali del cittadino. Si tratta: a) del limite della verità del fatto narrato e/o commentato, con la precisazione che può trattarsi anche di verità putativa; b) del limite della continenza sostanziale: le notizie vanno diffuse entro l’ambito del tema della pubblicazione, senza indugiare su dettagli della vita del soggetto idonei a soddisfare non l’interesse all’informazione ma piccole curiosità, immeritevoli di tutela costituzionale, ex art. 21. Il diritto di ricevere informazione non è solo riflesso passivo del diritto di informare, ma è anche il correlativo dell’obbligo della Repubblica di eliminare ogni ostacolo di accesso all’informazione, impeditivi per il cittadino di partecipare, con pari dignità e con pari strumenti, all’organizzazione economica, politica e sociale del paese.
Guttae Legis
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