Recuperare le perdite da trading: Certificati, Covered Warrant, Opzioni e CFD

(Adnkronos) – Roma, 8 luglio 2024. I contratti derivati sono strumenti finanziari che incorporano diverse strategie di investimento (più o meno speculative/aggressive), e che consentono all’investitore di esporsi all’andamento di uno o più variabili di mercato sottostanti. Tale esposizione alle variabili sottostanti spesso è amplificata dall’effetto leva, per il quale l’1% di variazione del sottostante produce n% di variazione del derivato (5%, 10% o anche 30%). Da qui l’estrema rischiosità degli strumenti derivati quali i Certificati, i Covered Warrant, le Opzioni e i CFD, ed in particolare di quelli che incorporano clausole vessatorie per i clienti quali appunto l’effetto leva, le barriere e le clausole “callable”. Tra i sottostanti più comuni troviamo: azioni, indici, valute, materie prime (e.g. petrolio, gas) e tassi di interesse. Solo in alcuni casi, i derivati sono quotati in Borsa. In particolare, i Certificati sono quotati nel mercato SeDex. I Certificati, i Covered Warrant e i CFD presenti sul mercato sono ideati e creati da società di investimento internazionali così come dalle principali banche italiane, come Unicredit, Intesa Sanpaolo, Fineco e BNP Paribas.   Esempio di Certificato Reverse Bonus Cap con livelli Cap, Barriera e Reverse con perdita finale superiore all'80% del prezzo di emissione Nel grafico qui sopra, è possibile osservare l’andamento storico del prezzo di una tipologia di Certificati particolarmente rischiosi e di difficile comprensione: i “Reverse Bonus Cap”. In questo caso l’emittente ha costruito questo strumento in modo tale da collegarlo, in maniera estremamente complessa e come di seguito spiegato, alle azioni della “STMicroelectronics”.  Nel dettaglio, questo certificato prevedevala possibilità di ricevere (alla scadenza dello stesso e non prima) un “Bonus” solo ed esclusivamente nel caso in cui il titolo sottostante (qui le azioni STMicroelectronics) non avesse mai raggiunto una determinata soglia (la “Barriera” continua, qui posta al 125% del valore del sottostante alla data di emissione del certificato).  Questo meccanismo, che di fatto pone un limiteal guadagno massimo che l’investitore potrà mai ottenere (nello scenario di mancato raggiungimento della Barriera), è oltretutto accompagnato dalla seconda parte di funzionamento dello strumento che riguarda la componente “Reverse” e quella “Cap”. Infatti, nel caso in cui il sottostante tocchi la Barriera anche solo una volta durante tutta l’esistenza del certificato, il valore finale del certificato sarà pari all’inverso (da qui il nome “Reverse”) del rendimento ottenuto dal sottostante, con un limite alla performance negativa identificato nel valore del “Cap”.  I derivati finanziari, proprio per la loro rischiosità ed elevata complessità, sono del tutto inadatti (ovvero non appropriati/non adeguati nei termini della normativa Consob) a tutti quei clienti che non hanno maturato una specifica conoscenza ed esperienza in strumenti derivati ed in generale in titoli strutturati e/o complessi. Tuttavia, ciò che normalmente accade è che l’operatività in derivati viene permessa dagli intermediari anche a soggetti del tutto all’oscuro delle loro caratteristiche di rischio e persino dei termini contrattuali, ed in particolare alla possibilità di perdere soldi anche molto velocemente. L’estrema complessità degli strumenti, l’effetto leva, la presenza di barriere, la limitata liquidità e la presenza di clausole vessatorie rendono i derivati una scommessa del tutto non equa per i clienti/consumatori, dove le possibilità di perdere sono predominanti rispetto a quelle di guadagnare. Le perdite derivano spesso proprio dallo squilibrio dei termini economici dei contratti, dove a fronte di guadagni modesti i clienti prendono il rischio di incorrere in perdite molto maggiori. Oltre a questo, un ruolo importante è giocato dai costi e commissioni applicate dagli intermediari spesso all’insaputa dei clienti, tali da erodere il capitale investito ad ogni transazione, fino a cumulare costi aggregati anche di centinaia di migliaia di euro. In moltissimi casi, questi cosi non sono mai stati validamente pattuiti con i clienti, e quindi sono nulli o comunque risarcibili, e sono la vera causa delle perdite sopportate dai clienti nell’arco di anni di trading.  I derivati sono quindi strumenti finanziari rischiosi e complessi, il cui comportamento (in termini di guadagni, perdite e rischi) è influenzato da molteplici variabili finanziarie, spesso di difficile comprensione per il cliente. È facile, dunque, che un investimento in derivati comporti perdite anziché guadagni, ma resta da capire se e come le banche e gli intermediari hanno avuto una responsabilità. Visti i rilevanti rischi che comporta un investimento in derivati, le autorità di vigilanza (la Consob) e la normativa di riferimento (Testo Unico della Finanza, Regolamenti europei e Regolamenti Consob) hanno imposto specifici obblighi di comportamento per le banche e per gli intermediari che, se violati, danno diritto all’investitore di richiedere un rimborso per recuperare le perdite ingiustamente subite. La mancata comunicazione dei rischi associati ai contratti derivati costituisce la responsabilità più comune e rilevante a carico degli intermediari, ed è la causa dei risarcimenti ordinati dalle sentenze dei tribunali italiani oppure dalle decisioni dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF). Le banche infatti, in base al Testo Unico della Finanza, nonché al Regolamento Intermediari, hanno l’esplicito obbligo di comunicare ai clienti i rischi associati agli investimenti che si apprestano a negoziare ed eseguire per loro conto, mettendo in luce gli elementi di rischio specifici delle singole transazioni, quali ad esempio la volatilità delle variabili sottostanti, la scarsa liquidità degli strumenti, il basso livello di rating emesso dalle principali agenzie, l’insolvenza dell’emittente. Nonostante questi obblighi, nella maggior parte dei casi le banche non comunicano il rischio degli investimenti ai clienti, causando così comportamenti inconsapevoli da parte di questi ultimi e, conseguentemente, ingenti perdite a loro carico. Esiste ad ogni modo una granitica giurisprudenza, nella quale rientra ad esempio la Cassazione n. 35789 del 2022, secondo la quale anche se in presenza di un investitore per così dire esperto, l’intermediario sarà comunque tenuto a risarcire le perdite subite dal risparmiatore se, all’atto dell’investimento, risulteranno essere stati violati gli obblighi informativi, di comunicazione e di trasparenza in capo all’intermediario stesso. Come ricorda infatti la Cassazione, il risparmiatore, anche se esperto, dovrà ricevere dall’intermediario un’informativa puntuale preliminarmente all’esecuzione dell’ordine. Solo in presenza di tutte le informazioni sulle caratteristiche e sui rischi collegati allo specifico strumento la scelta di investimento del risparmiatore potrà essere intesa quale consapevole. Esistono quindi concrete possibilità per recuperare le perdite finanziarie in derivati quali i Certificates, i Covered Warrants e i CFD.  A titolo di esempio, le violazioni della normativa che più frequentemente occorrono sono: • mancato rilascio di informazioni al cliente su tutte le fonti di rischio e le caratteristiche dello specifico contratto derivato che verrà acquistato. Sul punto la giurisprudenza (es. Cass. n. 35789/22) è ormai concorde nel ritenere che se la banca non ha dato al cliente tutte le informazioni specifiche sullo strumento (nel caso dei derivati: l’effetto leva, il sottostante di riferimento, gli scenari probabilistici, etc.) il cliente avrà diritto a richiedere alla propria banca un risarcimento del danno, anche a prescindere dalla propria esperienza in materia di investimenti e/o dal proprio eventuale intento speculativo; • mancata o quantomeno non corretta ricostruzione del profilo finanziario del cliente (c.d. questionario MiFID) da parte della banca, la quale – prima di eseguire l’investimento – deve identificare le esperienze e le conoscenze del soggetto intervistato con specifico riguardo ai derivati, oltre che accertare l’effettiva propensione al rischio del cliente; • mancata o errata valutazione della ‘compatibilità’ dell’investimento in derivati rispetto al profilo del cliente (nei termini di “appropriatezza” o di “adeguatezza”, secondo la normativa) prima di eseguire l’investimento in Certificati. 
Quando si è in presenza delle violazioni sopra richiamate, dunque, sarà possibile contestare alla propria banca tale comportamento e richiedere un risarcimento per recuperare le perdite subite con l’investimento in Certificati, Covered Warrant e CFD.
  
L’azione proposta da
Martingale Risk
è proprio nei confronti degli intermediari finanziari, che spesso vendono i Certificati, i Covered Warrant e i CFD a risparmiatori che non conoscono adeguatamente tali strumenti derivati, e/o che, non informati di tutte le caratteristiche e le fonti di rischio insite in tali strumenti, finiscono per prendere decisioni di investimento non consapevoli, finendo in questo modo per subire in modo incolpevole gravi perdite finanziarie. Martingale Risk offre a tutti gli investitori danneggiati un’analisi preliminare gratuita della documentazione bancaria, volta ad evidenziare se e quanto è possibile recuperare. Inoltre, a seguito dell’analisi, Martingale Risk è disponibile ad avviare un’azione risarcitoria senza richiedere alcun costo anticipato, ma solo una percentuale sulle somme recuperate.
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