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I saldi sono vendite di fine stagione e riguardano tutti i prodotti che, come recita l’articolo 15 del D. Lgs. 114/98 (Decreto Bersani), se non venduti entro un certo periodo di tempo sono suscettibili di notevole deprezzamento. Nei saldi, precisa Confcommercio, è interessata la merce rimasta alla fine della stagione autunno/inverno o primavera/estate. Le promozioni, invece, riguardano alcuni articoli ai quali vengono applicati ribassi di prezzo (generalmente con percentuali di sconto più basse di quelle applicate durante i saldi) per agevolare le vendite di un certo prodotto o, in generale, nel negozio. Questa parola è entrata ormai nel gergo comune con una qualifica ben precisa, ma in realtà è strettamente connessa ad un lessico commerciale. Il termine 'saldi' indica, infatti, la differenza tra le entrate e le uscite, nonché un 'saldo' positivo o negativo; motivo per cui i saldi sono la merce che non è stata venduta in un negozio a fine stagione e la vendita stessa dell'invenduto.
I saldi, o vendite di fine stagione, rientrano nelle cosiddette vendite straordinarie. Ma cosa si intende con questa definizione? Nella 'Riforma della disciplina relativa al settore commercio' (Art. 15 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 114) viene data la definizione di vendite straordinarie nel modo seguente: le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti. I saldi, dunque, non sono l'unico tipo di vendita straordinaria possibile: accanto alle vendite di fine stagione sono anche disciplinate le vendite di liquidazione e le vendite promozionali. Nella definizione di vendita straordinaria sono incluse tre tipologie di vendita: 1) Vendite di fine stagione (o saldi): sono le vendite che interessano i prodotti di moda o di carattere stagionale che sono soggetti a deprezzamento se restano invenduti. 2) Vendite di liquidazione: sono vendite che possono avvenire in qualunque periodo dell'anno al fine di cedere, in poco tempo, i propri prodotti ma solamente se sussistono le seguenti condizioni: cessione dell’azienda; cessazione dell’attività commerciale; trasformazione o rinnovo dei locali; trasferimento dell’azienda in altro locale. Le vendite di liquidazione, affinché possano essere svolte correttamente, devono prima essere comunicate al Comune di competenza, che verificherà se sussistono le sopra citate condizioni. 3) Vendite promozionali: non sono vincolate ad uno specifico periodo dell'anno e avvengono per un limitato periodo di tempo. Su queste ultime la legislazione è lacunosa: il Decreto Bersani si limita a dire che le vendite promozionali possono essere effettuate per una parte specifica dei prodotti venduti e per periodi di tempo limitati. Le Regioni, pertanto, dettano regole più precise per la disciplina delle promozioni con l’obiettivo di distinguerle dai saldi e ponendo eventualmente limiti allo svolgimento nei periodi antecedenti le vendite di fine stagione (tra i 15 e i 40 giorni). In accordo con le organizzazioni locali dei consumatori e delle imprese del commercio, alle Regioni spetta il ruolo decisionale sulle modalità di svolgimento, sul periodo e la durata delle vendite di liquidazione e dei saldi e, infine, sull'adeguata pubblicità di informazione dei consumatori. E' nel periodo dell'Italia fascista, ricorda Confcommercio, che vengono promulgate le prime leggi sulle 'vendite straordinarie', comunemente chiamate saldi. In particolare risale al 2 giugno 1939 l'introduzione delle vendite di liquidazione e le vendite straordinarie. Alcune norme nel tempo sono state mantenute, come ad esempio il cartellino sulla merce che deve indicare chiaramente il prezzo, senza essere modificato durante l'intero periodo dei saldi. A cambiare, invece, è la possibilità dei negozianti di scegliere liberamente il periodo in cui effettuare le vendite straordinarie. Le leggi odierne, infatti, regolamentano il periodo dell'anno in cui devono essere svolti i saldi, sia in estate che in inverno. In quel tempo, uno dei principali fattori a scoraggiare i commercianti era la trafila burocratica indispensabile per aderire alle vendite straordinarie. Era necessario, infatti, presentare una domanda e attendere che fosse approvata da una parte della corporazione locale, ovvero dalle associazioni controllate dal governo intorno a cui ruotava il piano economico del fascismo. La fine del regime fascista nel 1944 comportò, nelle zone in cui l'Italia era stata liberata, l'abolizione delle sopra citate corporazioni. I poteri che finora avevano detenuto, furono trasferiti integralmente alle camere di commercio, industria e agricoltura dei vari capoluoghi e agli uffici provinciali dell'industria e del commercio. In realtà non è tutto, poiché venne emanato un ulteriore decreto legislativo in grado di rimettere ordine e organizzazione sul tema saldi. Si dovrà attendere il luglio del 1979 per avere il primo disegno di legge nazionale sulle vendite straordinarie: il n. 405 A.C. (= Atto Camera), presentato da alcuni deputati democristiani. Il primo firmatario fu Aristide Tesini, il quale nel discorso di presentazione, sosteneva che frequentemente le "vendite straordinarie o di liquidazione" contenevano pubblicità illusoria, poiché non veniva effettuato alcuno sconto. E' stata proprio questa una delle motivazioni per cui si rendeva necessario un intervento immediato. In aggiunta anche al fatto che, ormai, la legge del 1939 con la sua burocrazia ormai inadeguata, non veniva più rispettata. La legge del 1980 ha determinato lo svolgimento dei saldi in massimo due diversi periodi dell'anno e la loro durata, che non poteva essere superiore alle quattro settimane. Si definiva anche l'esposizione della merce in saldo: doveva essere indicata chiaramente ed esibita in modo separato da quella non in saldo. Ulteriori misure (alcune in vigore ancora oggi) della legge: in caso di controlli, il venditore doveva dimostrare che gli sconti esposti erano stati rispettati; non doveva essere fatta pubblicità ingannevole; non vi erano limiti di acquisto dei capi in saldo; per avere lo sconto non erano obbligatori abbinamenti con altra merce. Dopo la legge del 1980, ulteriori modifiche furono eseguite dieci anni dopo dalla legge 12 aprile 1991, n. 130. Uno degli emendamenti più importanti riguarda l'unificazione, in tutta Italia, dei periodi dei saldi. Se prima la decisione spettava alle camere di commercio, con la legge 1991 i saldi si sarebbero svolti negli stessi periodi, ovvero dal 7 gennaio al 7 marzo e dal 10 luglio al 10 settembre. Al di fuori di questi periodi erano concesse solamente le 'vendite promozionali' che, però, erano vietate nei 40 giorni precedenti ai saldi e per l'abbigliamento duranti i giorni dei saldi. Sette anni dopo, nel 1998, hanno fatto seguito alla legge del 1991 ulteriori modifiche sulle date delle vendite straordinarie. Fu stabilito, infatti, che fossero le singole regioni a deliberare la data di inizio saldi. Un potere che venne rafforzato nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione Italiana, in cui le regioni hanno acquisito sempre più poteri decisionali, iniziando a disporre quasi del tutto in fatto di legislazione del commercio. Resta, ad oggi, alle Regioni la facoltà di stabilire una specifica disciplina in materia di vendite straordinarie, comportando vincoli e divieti diversi da regione a regione. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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