Tumori, Ash 2024: nuovi dati consolidano efficacia farmaci biologici in ematologia

(Adnkronos) – Nuovi risultati da diversi studi presentati nel corso del 66° Congresso dell'American Society of Hematology (Ash), in calendario dal 7 al 10 dicembre 2024 a San Diego, dimostrano e consolidano la forza e il valore dei trattamenti in ematologia di Roche a base di farmaci biologici. In particolare i dati dal follow-up a 5 anni dello studio registrativo di fase 3 Polarix, che ha valutato polatuzumab vedotin in associazione a rituximab, ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone (R-Chp) in soggetti con linfoma diffuso a grandi cellule B (Dlbcl) non pretrattato (prima linea, 1L) – si legge in una nota – mostrano miglioramenti a lungo termine (follow-up mediano di 60,9 mesi).  "Polarix è stata la prima sperimentazione in 20 anni a migliorare gli standard di trattamento per il Dlbcl in prima linea – ha affermato Levi Garraway, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche – Oltre 38mila persone in tutto il mondo sono state trattate con polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp. Questi dati ribadiscono che tale terapia è potenzialmente in grado di migliorare gli esiti dei pazienti a cui viene diagnosticato questo linfoma aggressivo". L'analisi esplorativa ha indicato una tendenza positiva nella sopravvivenza globale (Os) della popolazione intent-to-treat (Itt) a favore del trattamento con l'anticorpo bispecifico e R-Chp, rispetto a rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone (R-Chop). Dai risultati è emersa una riduzione del rischio di decesso (hazard ratio [Hr] 0,85; intervallo di confidenza [Ic] al 95%: 0,63-1,15) con la terapia di associazione con polatuzumab vedotin nei soggetti con Dlbcl non trattato in precedenza, corrispondente a un miglioramento rispetto ai dati di follow-up a 3 anni (Hr 0,94; Ic al 95%: 0,67-1,33). Il follow-up proseguirà per altri 2 anni. "Sebbene il Dlbcl sia un tumore notoriamente difficile da trattare, polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp ha rappresentato un progresso significativo per i pazienti, che ha contribuito a ridurre le recidive e la progressione della malattia – ha osservato Gilles Salles, responsabile del Servizio linfomi presso la Divisione di Oncoematologia del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, negli Stati Uniti – La tendenza della sopravvivenza osservata in questa analisi di follow-up riconferma l'impatto" di tale "trattamento di prima linea e il suo ruolo come standard di cura". Oltre alla tendenza positiva nell'Os, un'analisi osservazionale ha suggerito che i pazienti in terapia con polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp hanno richiesto quasi il 25% in meno dei trattamenti di follow-up, come radioterapia, chemioterapia sistemica e terapia Car-T, rispetto ai pazienti trattati con R-Chop (38,3% vs 61,7%). Un'analisi economica del 2022 ha evidenziato un aumento dei costi sanitari totali con ogni linea aggiuntiva di trattamento nel Dlbcl recidivante o refrattario. Pertanto, una riduzione del numero di terapie successive allevia una parte del carico associato alla recidiva e alla progressione della malattia. I dati a 5 anni, in linea con quelli a 3, e senza nuovi elementi in merito a sicurezza, suggeriscono dunque che polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp è potenzialmente in grado di indurre remissioni durevoli e durature, ma anche una riduzione numerica dei decessi correlati al linfoma rispetto a quelli trattati con R-Chop (9,0% vs 11,4%). Polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp è attualmente approvato per il trattamento del Dlbcl in prima linea in oltre 90 Paesi in tutto il mondo, tra cui Stati Uniti, Paesi dell'Unione europea, Regno Unito, Giappone, Canada e Cina. Roche continua a collaborare con le autorità sanitarie internazionali per mettere questo regime di trattamento a disposizione di un numero sempre più elevato di pazienti. Nell'intento di migliorare ulteriormente gli standard di trattamento, la farmaceutica sta esaminando polatuzumab vedotin in associazione ad altre molecole, compresi i suoi anticorpi bispecifici. Le sperimentazioni includono lo studio di fase 3 Skyglo, volto a valutare l'efficacia di polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp e glofitamab rispetto a polatuzumab vedotin in associazione a R-Chp nel Dlbcl 1L.  Un secondo importante risultato riguarda i nuovi dati relativi al programma di sviluppo clinico degli anticorpi bispecifici CD20xCD3 mosunetuzumab e glofitamab. Con oltre 20 abstract sugli anticorpi bispecifici accettati per la presentazione, i dati mostrano i benefici di glofitamab e mosunetuzumab a durata fissa in diversi tipi di linfomi aggressivi e indolenti. Nel dettaglio, dal follow-up a 3 anni dello studio registrativo di fase 2 NP30179 su glofitamab in soggetti con linfoma a grandi cellule B (Lbcl) recidivante o refrattario (R/R) è emerso che il 40% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa (Cr), con una durata mediana di 29,8 mesi ([Ic] al 95%: 22,0-non stimabile [Ns]). La maggior parte dei pazienti in remissione completa alla fine del trattamento è rimasta in remissione 2 anni dopo il completamento della terapia. La sicurezza è apparsa in linea con l'analisi precedente. I dati a lungo termine a 4 anni provenienti dallo studio registrativo di fase 2 GO29781 su mosunetuzumab in pazienti con linfoma follicolare (Lf) R/R hanno evidenziato remissioni durature con quasi due terzi (64,0% [95% CI: 50,1-78,0]) dei pazienti con una Cr, vivi e senza progressione della malattia a 45 mesi. Il tasso di risposta globale (Orr) e i tassi di Cr nella popolazione globale si sono attestati rispettivamente al 77,8% e al 60,0%. Risultati coerenti sono stati riscontrati nei pazienti con storia di progressione della malattia entro 24 mesi dal trattamento di prima linea (Pod24), solitamente più difficile da trattare. Non sono stati osservati nuovi elementi da segnalare in merito alla sicurezza rispetto all'analisi precedente.  Entrambi gli studi hanno anche dimostrato il ripristino dei livelli di linfociti B a partire da 12-18 mesi a seguito del trattamento con glofitamab e dopo una mediana di 19 mesi a seguito del trattamento con mosunetuzumab; tale ripristino indica il recupero del sistema immunitario e avvalora l'utilizzo di un approccio di trattamento a durata fissa. Il ripristino dei linfociti B dopo il trattamento per il linfoma è importante per il mantenimento della funzione del sistema immunitario dei pazienti. Uno studio e un modello economico statunitensi su dati del mondo reale, volti a valutare il travel burden correlato al trattamento dei pazienti con linfoma non Hodgkin R/R in diverse terapie con anticorpi bispecifici, mettono in evidenza l'impatto della distanza dal luogo di cura, del tempo impiegato per gli spostamenti e dei costi associati, un aspetto dell’esperienza dei pazienti che, al di là dell'efficacia e della sicurezza clinica, viene spesso trascurato. Questi fattori rivestono un ruolo fondamentale nel processo decisionale terapeutico, sottolineando ulteriormente l'importanza di opzioni di trattamento orientate ai pazienti.  Sono stati inoltre presentati, per la prima volta, i dati di un'analisi primaria dello studio di fase 2 GO29781 su mosunetuzumab sperimentale somministrato per via sottocutanea in pazienti con Lf in terza linea o linee successive. I risultati evidenziano la non inferiorità farmacocinetica rispetto alla somministrazione endovenosa (ev): mosunetuzumab a durata fissa ha determinato tassi più elevati di remissioni profonde e durevoli, con il 76,6% dei pazienti che ha registrato un Orr e un tasso di Cr del 61,7%, in base alla valutazione del comitato di revisione indipendente. La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 23,7 mesi (Ic al 95%: 14,6-Ns), mentre la sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta. Gli eventi avversi (Ae) di tutti i gradi più comuni sono stati reazioni in sede di iniezione (60,6%; tutti i gradi 1-2), affaticamento (35,1%) e sindrome da rilascio di citochine (Crs; 29,8%). Il tasso e la gravità degli eventi di Crs sono stati bassi (grado 1-2, 27,6%; grado 3, 2,1%); tutti questi eventi si sono manifestati durante il primo ciclo e si sono risolti. I dati sono stati presentati alle autorità sanitarie con l'intento di offrire ai pazienti e agli operatori sanitari un trattamento alternativo, nonché maggiore possibilità di scelta in termini di opzioni di somministrazione, a seconda delle proprie esigenze. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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